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154 | parte prima |
così vivo e profondo, da togliere a lui persino la voglia d’aversene a male... e di ringraziarlo della poco cerimoniosa preferenza!
Giuseppe Franchelli, piemontese, aveva fatto la campagna di Crimea; e, prima ancora di arrolarsi nel 1859, aveva servito negli Spahis. Tempra di soldato, e patriotta, ai primi gridi di guerra era tornato in patria; ivi, essendo antico amico dell’Avogadro, volle entrare a far parte del secondo squadrone da lui comandato.
La preferenza, la predilezione del capitano per questo volontario, erano note a tutti; ma nessuno se ne offendeva per la stima che si nutriva di lui. Arruolandosi, non aspirò a gradi, nè a onori. A lui bastava di poter prender parte alla guerra e, come chi dicesse, menar le mani.
Al reggimento, Franchelli servì di esempio a tutti. Nulla gli pesava, nemmeno i sacchi di biada, sotto i quali dovevamo alcune volte piegare schiena.... e gambe! Alto della persona, svelto, robusto, egli era un po’ rude nelle forme. Uomo di poche parole, ma leale e buono nel fondo, rendeva vivo, parlante, lo stampo di quella generazione piemontese, riluttante alle sdolcinature; la cui ufficialità, come dice il Bagnolo, assoggettata dall’infanzia a una disciplina rigorosissima, ad un formalismo eccessivo, faceva pompa di una durezza di carattere esagerata. Affettando per consuetudine, e per moda, un linguaggio aspro e tronco, e ruvide maniere.
Il Franchelli, come un predestinato a lasciar la vita sul campo di battaglia, benchè intuitivamente conscio della fatale sua fine, andava cercando con febbrile voluttà il pericolo.
E lo trovò! e cadde mortalmente ferito durante la seconda carica dalla sera — come vedremo più avanti — là sul colle di S. Martino, proprio dove sorge oggi l’Ossario.