Questa pagina è stata trascritta, formattata e riletta. |
152 | parte prima |
tella, al bivio della strada di Pozzolengo; per proteggerci dalle sorprese che potessero venire da quella Peschiera che Dante chiama:
bello e forte arnese |
Qui, il mezzo squadrone si fermò, appiedando in un praticello vicino al bivio dove era incominciata la stilata dei feriti.
Se non che, ai combattimenti parziali era intanto succeduta la battaglia generale. Dal vincerla o perderla, dipendevano le sorti d’Italia.
Alle ore 9 precise succedette il secondo periodo iniziato con un attacco della brigata Cuneo, alle alture di S. Martino.
Lo stesso generale Mollard, che lo diresse con felice risultato, non potè tenere a lungo le posizioni guadagnate, per il sopraggiungere di numerose forze austriache impetuosamente irrompenti.
E alle 10, respinto nell’attacco, si soffermava a resistere lungo la via ferrata; mentre la V Divisione, comandata dal generale Cucchiari, avanzava, e a mezzogiorno aveva ripreso le alture.
Se non che al tocco, anche la Divisione Cucchiari, respinta dalle riserve austriache, fu costretta pure essa a ritirarsi su Rivoltella.
Per noi cavalleggeri, se Dio vuole, finiva così il tormento del servizio di scorta alle batterie, e veniva sostituito da una azione ben più simpatica: caricare in foraggeri, per proteggere la ritirata e della nostra batteria e della intera brigata Pinerolo.
Eccoci, dunque, a parecchi metri di distanza uno dall’altro, slanciati alla carica verso le alture. L’impresa non era facile; non tanto per il nemico che ci accoglieva, gentilmente, a cannonate e a fucilate dalla collina, quanto pel terreno accidentato, in parte popolato di viti, buonissime per fare il vino, ma incomodissime per chi deve galopparvi a traverso.
Durante quella carica, fedele al suo programma, ecco che mi viene vicino il mio buon amico, il sergente Crescio. La sua venuta mi annuncia.... che le spalline sono in vista!
Egli, infatti, mi addita una cascina abbandonata, protetta da un’alta quercia secolare, dalle finestre della quale facevano capolino la penne di parecchi soldati e ufficiali tirolesi — Jäger — una cascina, che rimanendo isolata e lontana dal colle, offriva la possibilità di essere invasa con poca forza.
— Là!... Là!... — mi dice Crescio; e dirige senz’altro il cavallo a quella volta. Io lo seguo davvicino; ma, mentre procediamo inceppati dalle tirelle delle viti, che dobbiamo saltare, ecco venirci incontro, agitando convulsamente le braccia, uno dei nostri compagni, coll’aria di chi corre all’impazzata, preoccupato da qualche grosso guaio....