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i cavalleggeri di monferrato | 151 |
vedemmo braccia troncate, brandelli di carne, corpi mutilati, muoversi, ravvoltolarsi per le terre fumanti sangue, negli ultimi sussulti della morte; e, insieme alle grida dei moribondi, quasi a coprirle, udimmo le sicure, alte, metalliche voci dei colonnelli comandanti i reggimenti, dominanti sublimi quella atmosfera di morte. Voci che andavano spegnendosi a una a una, soffocate in eterno!
Intontiti davanti a quello spettacolo nuovissimo per noi volontari, pensammo come ogni altro avvenimento del mondo diventasse un nonnulla al suo confronto.
Il capitano Avogadro intanto si gingillava a comandare:
— Destr-riga!... Fissi! — Riposo! — e riaccendeva il sigaro!
Ma il suo occhio vigile non abbandonava i secondi ranghi — noi volontari eravamo in prima riga — dove i cavalli, partecipando della nervosità dei cavalieri, non volevano star fermi.
— El prim ch’a bugia, a i bruso le cervella! — gridava egli percorrendo al galoppo quei secondi ranghi.
Minaccia inutile; sospetto infondato! La condotta, anche di tutta la bassa forza, in quella memoranda giornata fu tale da rivaleggiare colle pagine più fulgide del valore umano.
E il capitano Gerolamo Avogadro, che alla testa di quei soldati, si guadagnava la medaglia d’oro, si persuase ben presto che le pistole del suo arcione nulla avevano a che vedere coi secondi ranghi degli intrepidi suoi plotoni!
Nel primo periodo della battaglia, cioè verso le 9 ore, non avvennero che alcuni attacchi slegati delle colonne di ricognizione: nè sapremmo ben dire quale, in questo tempo, sia stata l’azione di alcuni riparti dei Cavalleggeri Monferrato, ad eccezione di quella del nostro, e un po’ anche di quella del primo, che operò sullo stradale di Peschiera, e la colonna del quale, riconosciuto che da quel lato il nemico non avanzava, richiamata dal cannone tuonante sulla destra, ritiravasi verso Rivol-