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142 | parte prima |
Ma, pur troppo, l’impiego della cavalleria non era bene inteso nell’esercito alleato! Tre belle divisioni, due francesi e una sarda, erano tenute indietro, in riserva a Carpenedolo e Lonato; solo la cavalleria divisionale si spingeva, timidamente oltre gli accampamenti.
Veniamo ora, alla grande giornata che decise delle sorti d’Italia!
Il 23 giugno, cioè alla vigilia della battaglia, a Desenzano, una grata sorpresa, uno spettacolo nuovo e caro, un quadro indimenticabile richiamò gli occhi e la mente di tutti noi.
Era un gruppo di ufficiali, risplendente nella penombra dell’alba, per ricchezza di ricami e galloni d’oro e d’argento. In mezzo al gruppo, dominandolo, spiccava due figure principali; due nomi immortali: uno sacro alla gloria, l’altro sacro alla sventura.... ambidue diletti all’Italia: Vittorio Emanuele, Napoleone III.
L’aurora che stava spuntando, come se si compiacesse dell’opera sua, illuminava quelle due teste di roseo, circondandole di una specie di aureola, simile a quella con cui si dipingono nei quadri i martiri o i santi.
Re e Imperatore, a quanto sembra, tenevano quivi solenne consulto!
La visione passò come lampo; ma ci accompagnò tutta la giornata, e il giorno appresso, come un dolce presagio.
Il resto del tempo noi lo passammo tranquillamente e allegramente, assistendo all’asta dei cavalli nemici, predati il dì innanzi.
Il nostro esercito si concentrava intanto fra Esenta, Lonato, Desenzano e Rivoltella; alla nostra destra l’esercito francese stendevasi da Esenta a Mezzane e Carpenedolo.
I quartieri generali stavano rispettivamente a Lonato e a Montechiari.
L’esercito alleato appoggiava pertanto la sua sinistra al Garda, la destra al Chiese.
Erano 127,000 i francesi: 44,000 i piemontesi, sopra una fronte di diciotto chilometri.