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1859 | 121 |
Il conte Giulio Litta Modignani fu a Torino la vera provvidenza di noi emigrati suoi concittadini. Bello nella sua robusta virilità, sotto l’elmo piumato gli si leggeva in viso la nobiltà del cuore.
A lui, alla sua memoria, la nostra riconoscenza; e specialmente la riconoscenza di colui che scrive, il quale deve a Giulio Litta d’essere stato accettato, come abile, in un reggimento di cavalleria.
— Soldato in cavalleria?.... Costui non camperebbe un mese!
E fui scartato per gracilità!
Pensi il lettore quale colpo l’inaspettata sentenza dovette portare al mio cuore, il quale, pieno d’entusiasmo durante i palpiti e le peripezie della fuga, non sognava che armi, battaglie, cariche, gloria.... e spalline!.... Trovarmi a un tratto, solo fra tutti i miei fortunati compagni, come suol dirsi in terra, e in terra d’esilio! E sentirmi dire:
— Tu il soldato non lo potrai fare mai!... Torna da dove sei venuto!... Non ci pensar più!
Tornare!.... Dove?.... a Milano?.... per essere o imprigionato, o deriso?... Scoppiai in un pianto dirotto.
Ma il nome di Giulio Litta Modignani, brillò al mio pensiero!.... Volai a casa sua. Egli si alzò dal letto, benchè indisposto, per ricevermi. Al mio racconto sorrise. — Dio! quel sorriso come mi fece bene al cuore! — E si pose a scrivere.
Buttò giù due righe in fretta. In fretta tracciò l’indirizzo; piegò il foglietto e me lo consegnò:
— Portalo al Ministero della Guerra.... fallo passare in mio nome al generale Valfrè. Se ti strapazza non ispaventarti. È un burbero benefico. — In giornata sarai arruolato.
Impennai l’ali. Eccomi al Ministero della Guerra. Lì, mando avanti la