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104 | parte prima |
mirabile coraggio dimostrato al combattimento, ove rimase ucciso alla testa dei più animosi. — Vezza, 14 luglio 1866. Ed eccoci alla storia pietosa del capitano Antonio Frigerio.
È noto, anche, come quel ritorno serotino, mettesse allora sossopra gli ufficiali di cavalleria de’ reggimenti nei quali, i venuti dell’ultima ora erano stati destinati; danneggiando, per di più, nell’anzianità chi, per la patria, aveva dianzi arrischiata la pelle, contro quell’esercito del quale gli altri facevano parte.
Motivo per cui, i danneggiati, con un momentaneo atto di crudeltà, in parte giustificato, ricevettero i nuovi intrusi come tanti cani rabbiosi.
Antonio Frigerio, già ufficiale negli Ulani, dovette subire la sorte di tutti gli altri suoi compagni, in modo forse più violento. Messo, appena arrivato, come suol dirsi in contumacia, fatto segno giornalmente allo sprezzo ostentatamente espresso; fu trascinato, non a uno solo, ma a tre duelli!
Come poteva egli restare in Chiesa a dispetto dei Santi? Offeso, angosciato, ferito più nell’anima che nel corpo, assetato di provare all’Italia, il fondo dei suoi sentimenti, si dimise, e andò a cercare, nelle ospitali file garibaldine, amico rifugio e lavacro di sangue. Ed ebbe l’uno e l’altro!
Entrato nell’esercito dei volontari nel 1860, ufficiale colto, venne presto nominato Capo di Stato Maggiore della Brigata Eber.
Sette anni dopo, il Bollettino Ufficiale delle ricompense pubblicava:
— “Frigerio Antonio, capitano nel 2° Battaglione Bersaglieri. Meda-