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96 parte prima

accentuandosi da quel giorno che il marchese Ordogno de Rosales si avvicinava al trono del gran Re Vittorio Emanuele, fondatore della Unità della Patria; da quel giorno che, al suo Re e alla nuova Italia, egli offriva il sangue dell’unico continuatore del proprio nome: il sangue del figlio Luigi.



Luigi Rosales, anch’esso, come l’altro Luigi — l’Esengrini — accorse sotto il vessillo Sabaudo, nel 1859, nel fiorire dei suoi ventidue anni. Vestì la divisa di volontario nei Cavalleggeri Monferrato, tornando a casa capitano e decorato.

Egli era nato a Bellinzona il 6 gennaio 1837, e crebbe negli anni in cui l’Italia, tornata in catene, pareva dormisse neghittosa e rassegnata; e Mazzini e Rosales si affaticavano a tener viva la fiamma di quegli entusiasmi che oggi, per mancanza di ideali, vanno spegnendosi in mezzo a l’alito del cinismo e dell’apatia.

Luigi, dopo aver preso parte, come semplice soldato volontario, a tutti i fatti d’arme nei quali si trovò impegnato il suo reggimento durante la campagna di guerra, fu promosso anch’egli sottotenente l’11 dicembre 1859, e destinato ai Cavalleggeri di Milano — più tardi trasformati in Lancieri. Si trovò nel 1860 a combattere contro le truppe del generale Lamoriciere
 
nella campagna della bassa Italia; e fu a Sinigallia che si guadagnò la Medaglia d’argento al valore militare: per quel coraggio e sangue freddo ch’egli aveva ereditato dal padre, e che lo rese un soldato pieno di fede, di slancio, di zelo e di abnegazione.

Il 24 marzo 1861 è promosso luogotenente nei Cavalleggeri di Lucca, e nello stesso anno è trasferito nel suo antico reggimento Cavalleggeri di Milano.

Anch’egli, come l’Esengrini, ebbe ripetute occasioni di gingillarsi a dare la caccia ai briganti.