![]() |
Questa pagina è stata trascritta e formattata, ma deve essere riletta. | ![]() |
Al baciar de la mia
Immobile e ristretta,
La dolcezza del mel sola gustai.
Ma poi ch’anch’ella mi s’offerse, e porse
L’una e l’altra dolcissima sua rosa,
(Fosse ò sua gentilezza, ò mia ventura,
So ben che non fù Amore)
E sonar quelle labbra;
E s’incontraro i nostri baci (ò caro
E prezioso mio dolce tesoro
T’ho perduto e non moro?),
Allora sentij de l’amorosa pecchia
La spina pungentissima soave
Passarmi il cor; che forse
Mi fu renduto alhora
Per poterlo ferire.
Io poi ch’a morte mi sentij ferito,
Come suol disperato
Poco mancò, che l’homicide labbra
Non mordessi, e segnassi.
Ma mi ritenne oime l’aura odorata,
Che quasi spirto d’anima divina
Risvegliò la modestia;
E quel furore estinse.
Erg.
O modestia molestia
Degli amanti importuna
Mir.
Già fornito il su’ arringo havea ciascuna,
E con sospension d’animo grande
La sentenza attendea,