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Che gioia spiri, e pace altrui prometta.
Ma, se troppo t’accosti, e troppo il tenti,
Si che serper cominci, e forza acquisti,
Non ha tigre l’Hircania, & non hà Libia
Leon sì fiero, e sì pestifero angue,
Che la sua ferita vinca, o pareggi.
Crudo più che l’inferno, e che la morte,
Nemico di pietà, ministro d’ira,
E finalmente Amor privo d’amore.
Ma che parlo di lui? perche l’incolpo?
E forse egli cagion di ciò che ’l mondo
Amando nò, ma vaneggiando, pecca?
O femminil perfidia; à te si rechi
La cagion pur d’ogn’amorosa infamia.
Da te sola deriva, e non da lui
Quanto hà di crudo, e di malvagio Amore,
Che ’n sua natura placido, e benigno
Teco ogni sua bontà subito perde
Tutte le vie di penetrar nel seno,
E di passar al cor tosto li chiudi.
Sol di fuor il lusinghi, e fai suo nido
E tua cura, e tua pompa, e tuo diletto
La scorza sol d’un miniato volto.
Ne già son l’opre tue, gradir con fede
La fede di chi t’ama, e con chi t’ama
Contender ne l’amare, ed in duo petti
Stringer un core e ’n duo voleri un’alma;
Ma tinger d’oro un’insensata chioma,
E d’una parte in mille nodi attorta