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   E con l’esempio già di donna grande
   L’arte di ben amar fanciulla appresi.
   Corisca mi dicea, si vuole à punto
   Far degli amanti quel che de le vesti.
   Molti averne, un goderne, e cangiar spesso
   Che ’l lungo conversar genera noia,
   E la noia disprezzo, & odio al fine.
   Nè far peggio può donna, che lasciarsi
   Svogliar l’amante, fa pur ch’egli parta
   Fastidito da te, non di te mai.
   E così sempre hò fatto. Amo d’haverne
   Gran copia, e li trattengo, & honne sempre
   Un per mano, un per occhio; ma di tutti
   Il migliore e ’l più commodo nel seno,
   E quanto posso più nel cor nessuno.
   Ma non sò come à questa volta (ahi lassa)
   V’è pur giunto Mirtillo, e mi tormenta;
   Si che à forza sospiro, quel ch’è peggio,
   Di me sospiro, e non inganno altrui.
   E le membra al riposo, e gli occhi al sonno
   Furando anch’io, sò desiar l’aurora
   Felicissimo tempo de gli amanti
   Poco tranquilli, ed ecco io vò per queste
   Ombrose selve anch’io cercando l’orme
   De l’odiato mio dolce desio.
   Ma che farai Corisca? il pregherai?
   Nò, che l’odio non vuol, bench’io ’l volessi.
   Il fuggirai? nè questo Amor consente,
   Benche far il devrei. Che farò dunque?