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   O troppo tardi conosciuto amante,
   Che m’hai data, morendo, e vita e morte,
   Se fù colpa il lasciarti ecco l’ammendo
   Con l’unir teco eternamente l’alma.
   E questo detto il ferro stesso ancora
   Del caro sangue tiepido, e vermiglio,
   Tratto dal morto, e tardi amaro petto,
   Il suo petto trafisse, e sopra Aminta,
   Che morto ancor non era, e sentì forse
   Quel colpo, in braccio si lasciò cadere.
   Tal fine hebber gli amanti, à tal miseria
   Troppo amor e perfidia ambidue trasse.
   Mir.O misero Pastor, ma fortunato,
   Ch’ebbe sì largo, e sì famoso campo
   Di mostrar la sua fede, e di far viva
   Pietà nè l’altrui cor con la sua morte.
   Ma che seguì de la cadente turba?
   Trovò fine il suo mal? placossi Cintia?
   Er.L’ira s’intiepidì, ma non s’estinse,
   Che, dopo l’anno in quel medesmo tempo
   Con ricaduta più spietata e fiera
   Incrudelì lo sdegno, onde di nuovo
   Per consiglio al’oracolo tornando
   Si riportò de la primiera assai
   Più dura, e lagrimevole risposta:
   Che si sacrasse al’hora, e poscia ogn’anno
   Vergine, ò donna à la sdegnata Dea,
   Che ’l terzo lustro empiesse, ed oltre al quarto
   Non s’avanzasse, e così d’una il sangue