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Oh cecità de le terrene menti,
In qual profonda notte,
In qual fosca caligine d’errore
Son le nostr’alme immerse,
Quando tu non le illustri, ò sommo Sole.
A che del saper vostro
Insuperbite ò miseri mortali?
Questa parte di noi, che ’ntende, e vede,
Non è nostra virtù, ma vien dal cielo.
Esso la dà come à lui piace, e toglie
O Montano di mente assai più cieco,
Che non son io di vista.
Qual prestigio, qual demone t’abbaglia,
Sì che s’egli è pur vero,
Che quel nobil garzon sia di te nato,
Non ti lasci veder, c’hoggi sè pure
Il più felice padre
Il più caro agli Dei di quanti al mondo
Generasser mai figli?
Ecco l’alto segreto,
Che m’ascondeva il fato,
Ecco il giorno felice
Con tanto nostro sangue
E tante nostre lagrime aspettato,
Ecco il beato fin de’ nostri affanni.
O Montano ove sè? torna in te stesso.
Come à te solo è de la mente uscito
L’oracolo famoso?
Il fortunato oracolo nel core