Que’ duo miseri amanti.
Hor và tu, che ti vanti
D’esser onnipotente,
Và tu, perfida Dea, salva se puoi
La vita à quella Ninfa,
Che tu con tue dolcezze
Avvelenate hai pur condotta à morte.
Oh per mè fortunato
Quel dì, che ti sacrai l’animo casto,
Cintia mia sola Dea,
Santa mia deità, mio vero nume,
E così nume in terra
De l’anime più belle,
Come lume del cielo
Più bel de l’altre stelle.
Quanto son più lodevoli, e sicuri
De cari amici tuoi l’opre, e gli studi,
Che non son quei de gli infelici servi
Di Venere impudica.
Uccidono i Cinghiali i tuoi devoti,
Ma l devoti di lei miseramente
Son da i Cinghiali uccisi.
O arco, mia possanza, e mio diletto;
Strali invitte mie forze,
Hor venga in prova, venga
Quella vana fantasima d’Amore
Con le sue armi effeminate, venga
Al paragon di voi,
Che ferite, e pungete.