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Ma non son’io già quel ch’un tempo fui
Sì caro à gli occhi altrui.
O dolcezze amarissime d’amore
Quanto è più duro perdervi, che mai
Non v’haver ò provate ò possedute.
Come saria l’amar felice stato,
Se ’l già goduto ben non si perdesse,
O quando egli si perde
Ogni memoria ancora
Del dileguato ben si dileguasse.
Ma se le mie speranze hoggi non sono,
Com’è l’usato lor, di fragil vetro,
O se maggior del vero
Non fà la speme il desiar soverchio,
Qui pur vedrò colei,
Ch’è ’l Sol degli occhi miei:
E, s’altri non m’inganna,
Quì pur vedrolla al suon de miei sospiri
Fermar’il piè fugace.
Quì pur da le dolcezze
Di quel bel volto havrà soave cibo
Nel suo lungo digiun l’avida vista:
Qui pur vedrò quell’empia
Girar inverso me le luci altere,
Se non dolci almen fere,
E se non carche d’amorosa gioia,
Sì crude almen ch’i moia.
Oh lungamente sospirato in vano
Avventuroso dì, se dopo tanti