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dall’odissea di omero | 59 |
Subito gli archi ricurvi e gli spiedi dal manico lungo
noi dalle navi prendemmo, e divisi quindi in tre schiere
saettavamo. Ed un dio ci concesse la caccia che sfama.
Erano dodici meco le navi, ed a sorte, a ciascuna,
io destinai nove capre: ma dieci ne scelsi a me solo.
Tutto quel giorno così per insino al tramonto del sole
là banchettammo con carni indicibili e vino soave:
ch’anco non era finita la copia del vino vermiglio
dentro le navi, e ve n’era, che molto nell’anfore ognuno,
quando la sacra città noi prendemmo dei Cìconi, infuse.
E guardavamo la terra, che in vista era là, dei Ciclòpi:
fumo veniva da loro, e belati di pecore e capre.
E come il sole calò, che ci venne il crepuscolo sopra,
ecco che noi ci ponemmo a dormir sul frangente del mare.
alla scoperta
L’Alba nel ciel mattutino stampava le dita di rose;
quando raccolte le genti, fra tutti partii questi detti:
“Cari compagni, costì rimanete aspettandomi or voi:
io con la nave più mia, ed insieme ai compagni più miei
voglio partire, sentire quelli uomini io voglio chi sono,
se violenti e selvatici e non servatori del giusto,
o se dell’ospite amici ed in cuore tementi dei numi„.
Quand’ebbi detto, montai sulla nave ed ingiunsi ai compagni,
ch’anco montassero loro e sciogliessero i cavi d’ormeggio.
Furono presto montati e sederono tutti agli scalmi;
e via che in fila, coi remi battevano il torbido mare.
Come a quell’isola fummo arrivati, che c’era vicina,
proprio sull’orlo vedemmo alla riva del mare, una grotta
molto elevata, tappata di lauri, ed in essa parecchie
greggi di pecore e capre stallavano: e un chiuso all’intorno
molto elevato era fatto di grossi pietroni scavati,