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dall’odissea di omero 57

senza indugiare montassero sopra le rapide navi,
chè non alcuno, mangiato del loto, si scordi il ritorno.
Furono presto montati e sederono tutti agli scalmi,
e via che in fila, coi remi battevano il torbido mare.


ciclòpi

Quindi seguimmo la rotta, con nuova una pena nel cuore.
E noi giungemmo al paese ch’è dei soprumani Ciclòpi,
de’ senza leggi, che solo fidando nei numi immortali,
mai con le mani nè piantano piante, nè arano il suolo:
ma tutto questo per loro senz’uopo d’aratro e sementa
nasce, sì grano sì orzo sì viti che portano il vino,
vino di grappoli grandi; e la pioggia di Giove, lo cresce.
Essi non hanno consigli, non hanno ragioni comuni;
ma sui cocuzzoli stanno dell’alte montagne, e dimora
hanno entro grotte cavate, ed a’ suoi fa ragione ciascuno,
figli e compagne di letto, e non curano gli uni degli altri.


l’isola delle capre selvatiche

Ecco ed un’isola piana si stende di sghembo sul porto,
non alla terra così de’ Ciclòpi vicina o lontana,
piena di selva, e vi sono infinite le capre selvaggie,
chè non le storna il vedere le pèste degli uomini, e in essa
mai cacciatori non penetrano, ch’alle macchie selvose
soffrono grandi fatiche andando sui picchi dei monti:
non di pastura di greggi nè già d’arature è coperta,
ma non arata nè mai sementata ella d’uomini è priva
sempre, e nutrisce le capre dai tremuli e lunghi belati:
chè tra’ Ciclòpi non sono le navi dal minio alle guancie,