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56 | traduzioni e riduzioni |
strappi attraverso le vele produsse la forza del vento.
Noi le imbrogliammo e calammo in coperta, temendo di morte,
ed alla spiaggia, per forza di remi, spingemmo le navi.
Quivi due notti e due giorni continui giacemmo continua-
mente, stanchissimi e con la tristezza mangiandoci il cuore.
Quando il dì terzo ci venne con l’Alba da’ riccioli lunghi,
gli alberi noi raddrizzammo e spiegammo le candide vele,
e sedevamo, chè il vento e la barra portava le navi.
E senza danni qui forse giungevo alla terra nativa;
ma la corrente, mentr’io già volevo doppiar la Malèa,
e l’aquilone me ne ricacciò, pinse via da Citera.
i mangiatori di loto
Quindi per nove giornate portavano venti di morte
me per il regno dei pesci, e prendemmo, nel decimo, terra,
dai mangiatori di loto che cibano cibo di fiori.
Quivi prendemmo la solida terra ed uscimmo per acqua,
ed i compagni cenarono accanto le rapide navi.
Quando poi furono sazi di cibo e bevanda, i compagni
volli che andassero dentro la terra, per prendere voce
(scelsi due uomini e terzo mandai un araldo con loro),
quali vi fossero genti, nutrite di cibo terreno.
Subito via s’imbatterono nei mangiatori di loto;
nè i mangiatori di loto pensarono morte ai compagni
nostri, sì diedero loro a gustare del fiore di loto.
Ma chi mangiava del loto, la biada soave qual miele,
più non voleva tornare poi dietro e venircelo a dire:
essi volevano lì con i mangiatori di loto
stare, brucandosi il loto, e non più ricordare il ritorno.
Li ricondussi alle navi, che molto piangevano, a forza,
li trascinai sulle navi incavate, e legai sotto il ponte,
mentre aggiungevo a quelli altri diletti compagni, che tutti