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traduzioni e riduzioni |
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d’uomini gesta e di dei cui celebri fanno i cantori,
cantane alcuna sedendo costì, mentre gli altri in silenzio
bevano il vino; ma cessa bensì da codesta canzone
funebre, che sempremai mi consuma nel petto il mio cuore;
chè sopra tutti me colse un indimenticabile affanno!
tale è la vita per cui mi struggo, pensandoci sempre!„
E le rispose di contro Telemaco, il savio suo figlio:
“Madre, a che vuoi tu così proibire al soave cantore,
di ricrearci nel modo che il cuore gli detta? Non ci hanno
colpa i cantori: sì Giove, credo io, ce n’ha colpa, che dona
agli affannosi mortali, così come vuole, a ciascuno.
E non ha torto costui di cantar la sventura de’ Danai,
chè delle tante canzoni più lodano gli uomini quella
che, sia qualunque, a chi ode, risuona a l’orecchio più nuova.
Ora sostenga il tuo cuore ed ardisca il tuo animo udire:
chè non fu solo Odissèo, che vi perse il suo dì del ritorno,
là nella terra di Troia: vi persero e molti la vita.
Ecco, ritorna alla stanza ed attendi alle proprie tue cure,
bada al telaio, alla rócca, ed ingiungi alle femmine ancelle
d’essere a loro faccende: il parlare, degli uomini tutti
cura ha da essere, e in prima di me, che comando per casa„.
Ella stupita tra sè, ritornava di nuovo alla casa,
poi che nel cuore ripose il parlare del savio suo figlio,
e risalita alle stanze di su, con le femmine ancelle
ecco piangeva il marito suo caro, Odissèo, fin che il sonno
dolce gittò sulle palpebre a lei l’occhi-lucida Atena.
Ed un vocìo si levò per la sala raccolta nell’ombra.