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INVOCAZIONE ALLA MUSA


L’
uomo, o Musa, mi di’, molt’agile, il quale per molto

corse, da ch’ebbe la sacra città distrutta di Troia;
d’uomini molti e’ vide le stanze e la mente conobbe:
molti dolori in suo cuore soffrì ben egli per mare
sì la sua vita volendo e pe’ suoi compagni il ritorno.
Ma nè così salvò, pur desioso, i compagni,
parvoli! ch’alle giovenche del Sol ch’è figlio dell’Alto
morsero, e ad essi ritolse il giorno del reduce, il Sole.
Dinne e a noi, Dea figlia di Giove, di dove tu voglia.


la canzone del ritorno

     Loro il cantore cantava, molto inclito; ed essi in silenzio
stavano assisi ad udire: e’ cantava il ritorno da Troia
tristo, che aveva agli Achei destinato già Pallade Atena.
     E dalle stanze di sopra sentì nel suo cuor la canzone
— voce di dei — la prudente Penelope figlia d’Icario:
per la sublime scalèa della casa discese: non sola;
anche due agili ancelle venivano insieme con essa.
Quando da’ suoi chieditori fu giunta, la splendida donna,
sul limitare sostò della sala costrutta con arte, —
prima alle guance però s’era tratto il sottile suo velo —
ed ai due lati di lei si fermarono l’agili ancelle.
Ruppe in un subito pianto e parlava al divino cantore:
     “Femio, poichè tu parecchie ne sai di codeste malie,