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dall’iliade di omero | 45 |
sempre achille!
E gli rispose via via il vecchione, d’aspetto divino:
“Deh! non volere ch’io sieda, o nutrito dal cielo, fin ch’Ettore
in un cortile stia là, senza cura, gettato; ma presto
rèndimelo, che lo vedano alfine questi occhi; ed i molti
doni ricevi che a te ne portiamo; e tu godine e torna
alla tua terra natìa, poichè prima m’avesti rispetto„.
Con un’occhiata di sbieco gli disse il piè-rapido Achille:
“Non m’irritare, vegliardo, ora più: chè da me lo so io
ch’Ettore devo pur rendertelo: chè da Giove mi venne
nunzio la madre ch’io ebbi, che nacque dal vecchio del mare;
e di te pure comprendo nel cuore, nè, Priamo, mi sfugge,
ch’un degli dei t’adduceva al veloce navil degli Achei.
Non oserebbe alcun uomo mortale, anche giovane, al campo
nostro venire, nè avrebbe sfuggito le guardie, nè avrebbe
agevolmente alle porte di noi disserrati i serrami.
Dunque di più non mi muovere il cuore che vive in dolore,
ch’io più non abbia rispetto a te stesso, in mia casa, o vegliardo;
ben che tu supplice sia, vïolando i divieti di Giove„.
achille buono
Disse così: il vegliardo, temendo, ubbidiva al suo detto;
ed il Pelide saltò fuor di casa, sembrando un leone,
nè era solo, chè due suoi scudieri venivano insieme,
Automedonte l’eroe con Alcimo, ch’egli su tutti
gli altri compagni onorava, poi ch’eragli Patroclo morto.
Essi di sotto del giogo i cavalli disciolsero e i muli,
e ne condusser l’araldo ch’al vecchio bandiva; e in un seggio