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dall’iliade di omero 41


il sogno

     E sopravvenne lo spettro di Patroclo, l’infelice,
tutto sì nella grandezza a lui simile e sì nei belli occhi
e nella voce, e vestia tali quali al suo corpo le vesti.
Stette sul capo d’Achille, poi queste parole gli disse:
“Ecco, tu dormi, e di me già se’ fatto dimentico, Achille?
Tu mi curavi da vivo, ma tu mi trascuri da morto.
Seppelliscimi subito! io passi le porte del Buio!
Lungi da sè mi respingono le anime, spettri di lassi:
luogo non anco mi danno tra loro di là del gran fiume;
sì che m’aggiro così nel vestibolo immenso del Buio.
E la tua mano mi dà, te ne prego, chè più non è dato
ch’esca dal Buio, poichè la mia parte di fuoco mi diate.
Oh! non mai più noi, viventi, lontano dai cari compagni,
diviseremo seduti le nostre ragioni; la sorte
rea m’inghiottì, quella sorte che m’ebbe d’allora che nacqui.
Anche a te stesso è destino, agli dei similissimo Achille,
dalla città dei Troiani dal grande lignaggio morire.
Altro dirò, e ti voglio pregar che tu faccia, se vuoi:
non collocar l’ossa mie dalle tue separandole, Achille:
mettile insieme così come insieme da voi ci allevammo„.
     E ricambiandogli i detti, gli disse il piè-rapido Achille:
“Capo adorato, perchè mi sei tu qui venuto, e m’ingiungi
parte per parte, codesto? ed io sì, che ti voglio pur tutto
compiere e voglio ubbidirti nel modo che tu mi consigli.
Ma più da presso mi vieni, chè un poco, abbracciandoci insieme
l’uno con l’altro, possiamo godere del pianto di morte! „
     Com’ebbe detto così, le sue mani allungò verso lui
e non lo prese; ma l’anima sua, come fumo, sotterra
con uno strido vanì. Sobbalzò stupefatto il Pelide.