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dall’iliade di omero 37

le tremolò la persona e le cadde per terra la spola;
ecco, e di nuovo parlava all’ancelle dai riccioli lunghi:
“Su: due mi seguano, ch’io vuo’ vedere qual fatto s’è dato.
Dell’onoranda mia suocera ho udita la voce, e qui dentro
balzami il cuore nel petto su fino alla bocca, e i ginocchi
rigidi sono: oh! che un guaio pei figli di Priamo è vicino!
Bene mi sia dall’orecchie lontano il mio detto, ma temo
forte non proprio l’audace mio Ettore, il divo Pelide,
solo tagliatolo fuor delle mura, lo insegua nel campo!
abbia già fatto cessare la sua dolorosa prodezza
ond’era pieno! poichè non restava giammai tra la folla,
anzi correa molto avanti, a nessuno cedendo in coraggio „.
     Questo dicendo, di casa via, simile a Mènade, usciva
e rimbalzavale il cuore, e venivano ancelle con essa.


la moglie dell’ucciso

Ma come fu sulla torre tra il crocchio degli uomini giunta,
stette guardando, guardando laggiù per le mura; e lo vide
là trascinato al cospetto di Troia, e veloci cavalli
lo trascinavano perdutamente alle concave navi.
Ecco che l’oscurità della notte le scese sugli occhi,
e scivolò per indietro e spirò, boccheggiando, la vita.
Poi, via lontano dal capo lanciò le sue splendide bende
ed il crinale e la rete e la mitra tessuta ed il velo,
quel che la fulgida d’oro Afrodite le diede quel giorno
ch’Ettore, lo scrollatore dell’elmo in battaglia, di casa
d’Eetïone l’addusse, donata di doni infiniti.
Erano là le sorelle di lui, de’ fratelli le mogli,
dense, e l’avevan tra loro, chè dallo spavento moriva.
Poi che riebbe il respiro, e la vita s’accolse nel cuore,
ruppe nel canto di morte dicendo alle donne Troiane: