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dall’iliade di omero | 21 |
erano in secco le navi Mirmidoni intorno ad Achille.
Mentre egli grave gemea, gli fu presso la madre, signora,
e con acuto uno strillo abbracciò al suo figlio la testa,
ed in gran pianto parlò le parole dall’ali d’uccelli:
“Mia creatura, che piangi? e qual passione t’accora?
dimmelo, non lo celare: e pur tutto da Giove è compiuto,
tutto di cui già quel dì tu pregavi tendendo le mani:
che sulle poppe gli Achei s’affoltassero tutti, in bisogno,
in desiderio di te; e soffrissero cose non belle„.
tra figlio e madre
E con un gemito grave le disse il piè-rapido Achille:
“Madre mia dolce, è ben vero, che ciò m’ha compiuto l’Olimpio,
ma che piacer me ne viene, che il caro compagno v’è morto,
Patroclo, quello cui io onorava su tutti i compagni,
come il mio capo? lui feci morire, e poi Ettore l’armi,
poi che l’uccise, spogliò, gigantesche, portento a vederle,
belle; sì, quelle che a Pèleo gli dei come splendido dono,
diedero, il dì che t’astrinsero al letto d’un uomo mortale.
Oh! se tu quivi restavi tra l’altre immortali del mare!
se una mortale Pelèo conduceva a compagna di letto!
Ma così fu, perchè avessi anche tu l’infinito dolore
del tuo figliuolo caduto che tu non abbraccerai più, più,
a casa sua, di ritorno; chè il cuore nemmeno lo vuole,
ch’io me ne viva e mi stia tra i guerrieri, se primo di tutti
Ettore sotto il mio legno, colpito, non perda il suo sangue,
e non mi paghi la pena di Patroclo ch’esso ha spogliato„.
E gli rispose ora Tetide che lacrimava a dirotto:
“Breve destino n’avrai, creatura, a parlar come fai!
Subito subito a te dopo d’Ettore è pronta la morte„.