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14 | traduzioni e riduzioni |
chè non gli lasciano prendere il fiore dei pingui giovenchi,
tutta la notte vegliando: ma esso che ha brama di carne
lanciasi, e lanciasi in vano, però ch’una nube di freccie
gl’imperversa negli occhi, gettate da valide mani;
svolano fiaccole accese: egli arretrane a mezzo lo slancio:
fin ch’all’aurora lontano n’andò con il cuore dolente:
ecco che Aiace così da’ Troiani, dolente nel cuore,
contro ogni voglia n’andava, però che temea per le navi.
Come d’un asino, quando a dispetto de’ bimbi in un campo
entra, il cocciuto, che molti bastoni gli rompono in dosso:
esso una volta ch’entrò tosa l’erba profonda, ed i bimbi
picchiano pur coi bastoni: ma sì! la lor forza è bambina;
e lo ricacciano a stento poichè si gonfiò di foraggio:
simile Aiace, l’eroe Talamonio, a quell’ora i Troiani
d’animo forte e gli Aiuti adunati da terre lontane,
l’aste avventandogli a mezzo lo scudo, seguivano sempre.
il pianto dell’amico
Quelli pugnavano intorno la nave fornita di ponti:
Patroclo s’avvicinò ad Achille pastore di genti,
lagrime calde versando così come fonte acqua-nera,
come una fonte che versa acqua bruna da ripida rupe.
Poi che lo vide, pietà n’ebbe Achille, il veloce, il divino:
mise la voce e parlò le parole ch’hanno ali d’uccelli:
“Come se’ mai tutto in lagrime, o Patroclo? come la figlia,
bimba, che corre con mamma, chè vuol che la prenda su in collo,
e per la gonna la piglia e l’impaccia nel rapido andare,
e la riguarda, bagnata di lagrime, fin che la prenda:
simile a quella tu, Patroclo, versi le gocciole tonde.
Vuoi tu chiarirmi d’un che, dai Mirmidoni? ovver da me stesso?
nuove ci sono da Ftia ch’abbi udito da solo, in disparte?
Pure si dice che ancora Menetïo d’Àctore è vivo,