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dall’iliade di omero | 11 |
tutte le stelle appariscono e in cuore s’allegra il pastore:
tanti tra mezzo le navi e la grande fiumara di Xanto
erano i fuochi troiani che ardevano d’Ilio in cospetto.
Erano mille nel piano che ardevano, e presso a ciascuno
eran cinquanta i guerrieri seduti alla vampa del fuoco.
Ed i cavalli tra i denti crocchiavano l’orzo e la spelta,
ritti vicini a’ lor carri aspettando l’Aurora dorata.
i messi
Ivano i due per il lido del molto ondissono mare
molto pregando lo Scuoti-la-terra che regge la terra,
che lor si desse piegare il grande animo irato d’Achille.
Vennero dove i Mirmidoni avean le capanne e le navi:
gioia e’ davasi al cuore sonando la tinnula cetra
bella, ben lavorata, con sopravi il giogo d’argento.
Di tra la preda la tolse quand’egli ebbe Tebe distrutta;
davane all’animo gioia cantando le glorie de’ forti.
Patroclo solo rimpetto di lui si sedeva in silenzio,
ed aspettava l’eroe, quand’avesse finito il suo canto.
Vennero avanti coloro, e fu primo il divino Odisseo:
stettero in faccia di lui: sbalzò su attonito Achille
con nelle mani la cetra, dal seggio ov’era seduto.
Patroclo pure così, come vide quegli uomini sorse.
E per la mano li prese e lor disse il piè-celere Achille:
“Gioia con voi: siete amici, per certo: per certo è ben giusto;
che i più amici, per quanto io sia guasto, mi siete tra tutti„.
l’imbandigione
Detto così, li condusse più innanzi il divino Pelide,
e su sgabelli e tappeti di porpora fece sedere.