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io porto il vostro paradiso in collo!„
Pierino in terra, muto, in un cantuccio,
si ricordava un po’... Quelle parole
non gli eran nuove. Non piangeva. Il viso,
lo smunto suo visino,
voltava in là. Guardava fiso fiso
all’uscio del giardino.
Una sera... una sera
lo cercano: non c’era
più. Dov’era? D’inverno!
per una nottataccia orrida e buia!
La neve avea coperte
le traccie dei suoi piedi. Ecco, e Pierino
si ritrovò soltanto
sul fare del mattino.
Qualcun nella nottata
avea creduto di sentir per aria
una voce di pianto,
una voce di vento solitaria:
“Papà! Papà! Papà!„ Tutto il villaggio
cercò di qua, cercò di là. Pierino
era nel camposanto.
Egli era steso, freddo come pietra,
avanti quel cancello.
Com’era giunto per la gran pianura,
dentro la notte scura
sino all’entrata? Delle sue manine
una toccava un’asta del cancello.
Avea voluto aprire.
Lì dentro era qualcuno che l’amava!
Avea chiamato tanto! tanto! tanto!
“Papà! Papà! Papà!„
Era caduto alfine,
rimpetto al camposanto.