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poesia popolare eroica civile 191

     Carlo così, chiamato Carlomagno,
il re de’ Franchi, imperador romano,
alto parlava in cima alla montagna:
i mandrïani, sparsi nelle macchie,
credevano d’udir tuoni lontani.

     I baroni tenean gli occhi alla terra
fissi: taceva ognuno. Un giovinetto
ben fatto uscì d’un subito di schiera;
e disse: “Dio vi custodisca, o re„.

     Il re stupito lo guardò. Ver lui,
come Davidde avanti il re Saulle,
veniva, dolce, gracile, sicuro,
un giovinetto biondo, con la cute
rosea, le mani bianche: una fanciulla
vestita ad uomo, egli parea: con nulla
sopra lo scudo e sopra la barbuta.
“Tu...„ disse Carlo “cosa vuoi qui tu?„
“Io voglio quello che non vuol nessuno:

l’onore, o re, se Dio non m’abbandona,
d’essere l’uom che prenderà Narbona„.

Tanto con l’aria sua semplice disse
egli guardando tutti quanti in viso.
Alzato il capo, “To’„ disse il fiammingo
ad un guerriero ch’egli avea vicino:
“Amerighetto il nostro compagnino„.

     “Amerighetto„, il re disse: “il tuo nome„.
“Amerigo. Son io povero, come
un fraticello povero. Non ho
paglia nè vena; ed ho venti anni, e sono
baccelliere: non altro. A me niun dono
fece Fortuna: mi dimenticò!