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poesia popolare eroica civile 171


Lì sente Orlando      che la vista ha perduta:
levasi in piedi,      richiama sua virtù.
Nella sua faccia      ha il suo color perduto.
Tien Durendal      sua spada tutta nuda.
Davanti a lui      c’era una pietra bruna:
colpi vi dà      ben dieci in sua rancura:
crocchia l’acciaio,      non l’intacca nè rompe.
E dice il conte:      Santa Maria, aiuta!
Eh Durendal,      buona foste in malora!
se n’ho tal pro’      non ho di voi più cura.
Tante battaglie      ho vinto qui con voi,
tante terre      ho lontane combattute,
che Carlo tien,      che la barba ha canuta.
Non uomo v’abbia      ch’avanti ad altri fugga!
Un pro’ vassallo      v’ha lungo tempo avuta!
Mai tale in Francia      la libera non fu!„ AO

Orlando fiede      il gran masso di sarda:
l’acciaio crocchia      e non si rompe e sgrana.
Quand’egli ciò      vede, che non si frange,
tra sè e sè      comincia a farne il pianto.
“Eh! Durendal      come sei chiara e bianca!
In contro al sole      come riluci e fiammi!
Carlo si stava      in val di Morïana:
Dio gli mandò      per l’angelo suo santo
che ti donasse      a un conte capitano.
E mi ti cinse      il re gentile, il magno.
Io conquistai,      con essa, Angiò e Bretagna,
e conquistai      e Poitou e Maine;
ne conquistai      Normandia la franca,
ne conquistai      Provenza ed Aquitania
e Lombardia      e tutta la Romagna:
ne conquistai      Baviera e tutta Fiandra
e Bugheria      e tutta ancor Pullagna:
Costantinopoli      ebbe la sua possanza