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Leccalamacina, figlia del principe Rodiprosciutto.
Fecemi in una capanna; a forza di fichi e di noci
ella mi tirò su, con vivande di tutte le sorti...
Ciò ch’è tra gli uomini in uso, io rosico: non mi si cela
pane a finissimo staccio, che posa nel tondo canestro;
non schiacciata di sèsamo piena, dal manto sottile,
non tocchetto di lardo, nè fegati chiusi nel velo
bianco, nè morbidi caci di quel buon latte che caglia.
ciuco vorrei essere
Poniam ch’un degli dei venga e m’annunzii:
Craton, tu, dopo morto, torni ad essere.
Ma ciò che voglia, sei; can, becco, pecora,
uomo, cavallo. E’ ti convien rivivere;
questo è detto; ma il come a te lo scegliere.
Fammi ogni cosa, me gli par rispondere,
uom no, peraltro. Gli è codesto l’unico
che mai nel mondo l’aver suo non abbia.
Un cavallo di sangue, lo governano
meglio d’un altro. Un can, sei, figuriamoci,
un bravo can. Ti si tien me’ d’un botolo,
e di molto. Anche: un gallo che ha rigoglio,
altro si becca d’un gallo qualsiasi;
e poi questi lo teine, e sa ch’ei merita.
L’uom per bravo che sia, bennato ed ottimo
cuore, con questa gente che ci bazzica,
e’ non gli giova punto. Primi vengono
i leccazampe; son secondi i bindoli;
le terze parti, l’imbroglion le recita.
Meglio esser ciuco che veder le peggio
canaglie che ti passano e gavazzano.