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DA VIRGILIO
il simposio
Come del cibo il disìo fu queto, ritolte le mense,
portano i grandi crateri, inghirlandandoci il vino.
Strepito nasce ne l’aula, per gli atrii echeggiano a lungo
voci di gioia. A la volta dorata sfavillano mille
lampade: vince la fiamma de’ candelabri la notte.
Chiese allor pesante di gemme un calice e d’oro
cui la regina empiè: quel calice d’oro in cui bevve
Belo ed i figli di Belo: si fece silenzio ne l’aule.
“Giove — chè dicono, tu dài debito a li ospiti onore —
questo a’ venuti da Tyro, ed ai rifuggiti da Troia
giorno di giubilo sia! lo ricordino i figli de’ figli!
Bacco col giubilo suo stia qui, qui placida Giuno.
Tyrii, coralmente voi festeggiate il convegno!„
Disse, e in onore de ’l dio versò ne la mensa le stille,
poi, per la prima v’attinse, nè più che a fiore di labbra;
quindi la porse a Bitia, con alacri detti: la coppa
egli votò d’un tratto, coprendosi il viso con l’oro.
Bevvero i principi in fila. Ed Iopa dai lunghi capelli
gl’inni de l’alto Atlante ripete su citara d’oro.
Canta la luna errante, le lunghe fatiche del sole...
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