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dall’odissea di omero 93

E vi trovarono l’anima del Peleìade Achille,
quella di Patroclo, quella d’Antiloco, quella d’Aiace:
quella d’Aiace che già di figura e statura il migliore
era de’ principi Achei, dopo Achille migliore di tutti.


colloquio tra gli avversari d’un dì

     Dunque d’intorno ad Achille si stavano in gruppo, e più presso
l’anima fecesi a lui d’Agamennone figlio d’Atrèo,
piena di doglia, ed intorno di lei s’addensavano le altre,
quelle che in casa d’Egisto morirono ed ebbero il fine.
L’anima prima parlava del figlio di Pèleo, che disse;
“Figlio d’Atrèo, credevamo che a Giove che il fulmine vibra,
fossi per tutta la vita il più caro degli uomini eroi,
poi che di molti e di forti tu eri il sovrano signore
là nella terra di Troia, ove noi vivevamo in dolore.
Pure anche a te si doveva appressare la dea della morte,
prima del tempo, la dea cui nessuno schermisce, che nasca.
Meglio per te, nella gioia del pregio sovrano che avevi,
era, incontrar nella terra di Troia la morte e la fine!
Chè l’unità degli Achei ti faceva per certo una tomba,
e guadagnavi tu gloria ne’ posteri ancora a tuo figlio.
Ma tu dovevi morir della più lamentevole morte„.
     L’anima quindi parlava del figlio d’Atrèo, che rispose;
“Figlio di Pèleo, felice, agli dei similissimo Achille,
che non in Argo moristi, ma là nella terra di Troia!
E ti morirono intorno i Troiani più prodi e gli Achei
tutti lottando per te, che in un nembo di polvere tutto
lungo disteso giacevi, dimentico di cavalcate.
E noi lottammo l’intera giornata, nè avremmo noi posto
fine alla guerra, se Giove non dava col turbine il fine.