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14 | la grande proletaria |
d’acqua, sotto le piogge di fuoco; e cantano. La gaia canzone d’amore e ventura è spesso l’inno funebre che cantano a sè stessi, gli eroi ventenni. Che dico eroi? Proletari, lavoratori, contadini.
Il popolo che l’Italia risorgente non trovò sempre pronto al suo appello, al suo invito, al suo comando, è là. O cinquant’anni del miracolo! I contadini che spesso furono riluttanti e ripugnanti, i contadini che anche lontani dal Lombardo-Veneto chiamavano loro imperatore l’imperatore d’Austria, e ciò quando l’imperio di Roma era nelle mani del dittatore ultimo, i contadini che Garibaldi non trovò mai nelle sue file.... vedeteli!
È l’ora dell’insidia e del tradimento. La trincea è in qualche punto sorpassata. I nostri sono fucilati al petto e pugnalati a tergo. Sopraggiunge al galoppo vertiginoso una batteria appena appena sbarcata. La rivoltella in pugno, gli occhi schizzanti fuoco, anelanti sui cavalli sferzati e spronati a sangue, vengono... i contadini italiani. In tre minuti i cavalli sono staccati, gli affusti tolti, i cannoni appostati; e la tempesta di ferro e fuoco tuona formidabilmente.