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70 | antico sempre nuovo |
È naturale che l’elegia s’ispirasse da prima più per la morte incontrata nei campi di battaglia e nella fortunosa navigazione: naturale che il poeta prendesse motivo di incoraggiare i presenti ad amare la morte bella, nelle prime file d’un esercito, a non spaventarsi della morte oscura, nei gorghi del mare. Callino1:
Chè non è nostro destino che possa sfuggire alla morte
l’uomo, non se d’immortali egli nepote sarà.
Fuggi la mischia selvaggia bensì, e la romba dei dardi:
vai ti nascondi; ed in casa ecco la morte con te!
Oh! nè davvero tu hai dal tuo popolo amore e rimpianto;
piccoli e grandi, in un reo, l’altro rammaricano.
Tutti nel popolo l’uomo magnanimo, il giorno che muore,
piangono; ed un semidio, mentre viveva, egli fu:
esso davanti i lor occhi sta come una torre di guerra:
molte sarebbero a più l’opere ch’unico fa.
Archilocho2:
Pericle, pianti piangendo e sospiri, non un cittadino
può di banchetti aver gioia più, nè l’intera città:
tali ingoiò la tempesta del mare dal molto sussurro,
onde le viscere a noi tanto dolore gonfiò.
Sì, ma, o caro, gli dei per i guai che rimedio non hanno
d’uomini, diedero un’erba essi: la virilità.
Va la sventura or a questi or a quelli: ora venne tra noi,
e la ferita dà sangue e noi gemiamo così;
ma poi da altri n’andrà. Siate dunque virili, o compagni:
vada quel rammarichio lungo, di femmine, via!
E nascondiamo sotterra i regali del dio Posidone,
tristi.
Nè guarirò la sventura, se piango e sospiro; e se vado
anche a festini e convivi, io non la peggiorerò.