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la poesia lirica in roma 69

una libertà ignota nel resto dell’Hellade; e quindi in essi fiorì la poesia erotica e simpotica, che sono spesso la stessa cosa, poichè il convivio è sovente la scena dove si svolge il piccolo dramma d’amore. Tutto col tempo si mescolò e confuse; ma la nota primitiva persiste sempre: le anfore, benchè infuse d’altro liquore, conservano il sottile e vago aroma del primo che vi fu versato; e questo aroma sembra mutare la natura e l’essenza del secondo. Come è sospiroso l’amore nell’elegia! come è amaro o scurrile nell’iambo! E se il pensiero della morte entra nella dolce melodia del simposio amoroso, come ne viene cacciato dalla gioia del vivere! «I Soli possono tramontare e ritornare: noi, appena tramontato questo breve dì, una notte dobbiamo dormire, infinita, senz’alba.... Dammi mille baci, poi cento, poi altri mille, poi altri cento....»1. Così nell’anima del poeta, come il cupo ronzio del mare nelle volute della conchiglia, è l’eco dei convivii antichissimi dopo i quali ardeva la pira, dopo i quali dalla casa, in cui la gente udiva da ore un giocondo strepito2, uscivano o l’allegra compagnia dei giovani che cantavano canzoni cui le donne chiudevano le orecchie, o i gentili cori di vergini e di fanciulli, che le donne, fattesi sugli usci, ammiravano. Così sembra a noi e il cantore iambico cantare sempre nell’assenza della donna, e il cantore melico modulare i suoi inni tra persone che parlino d’amore, e il cantore elegiaco aver veduto prima del canto, o essere per vedere dopo, le fiamme d’un rogo.

  1. Catullus [v] 4.
  2. Xenophanes I, 12 Bergk.