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Anche1:

Quando sì il cardo è fiorito e sì già l’echeggiante cicala
posta sull’albero versa l’acuta canzone minuta
di sotto l’ala, nel tempo dell’afa che prende le forze,
ecco che sono le capre più grasse, ed il vino più buono.

Anche2:

E se pur tardi arerai, medicina può esserci: questa:
quando tu senti il cucù del cuculo tra i rami del leccio,
la prima volta che gli uomini via per la terra rallegra,
prega che venga di lì a due giorni una pioggia, nè spiova
prima ch’empisca nè meno nè più d’un’unghiata di bove:
quello è un arare sul tardi che agguaglia l’arare per tempo.

Non sono questi canti di popolo rilavorati da un buon aoidos? Non sono del popolo le osservazioni sulla rondine ὀρθρογόη (che geme la mattina), avanti il cui ritorno bisogna potar le viti; sulla chiocciola φερέοικος (che porta la sua casa), la quale quando da terra sale alle piante, non si deve più scalzar la vigna? del popolo che trovò la storiella del «senza ossa» (ἀνόστεος), il polipo che nell’inverno, per campare, si succhia i suoi molti piedi; che vide la «savia» (ἴδρις), la nera e piccola massaia, fare il suo raccolto al tempo che il ragno fila la tela, nei giorni lunghi; che chiamò il ladro «l’uomo che dorme il giorno» (ἡμερόκοιτος), che chiamò «soavità» (εὐφρόνη) la notte, in cui il lavoratore riposa dalle fatiche, e che definì in questo

  1. Hes. ib. 582. Alcaeo derivò i suoi coriambi (39 Bergk) non da Hesiodo forse, ma dalla fonte stessa, popolare, d’Hesiodo.
  2. Id. ib. 485. Aristoph. Av. 504.