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tempi lontani grida come: ie Paieon, io Bacche, Hymen ai o, ai Line: gioia, delirio, amore, morte. Di tali canti primitivi è questo che par fatto apposta per l’eco nelle valli, al tempo della mietitura1:
Πλεῖστον οὖλον ἵει ἴουλον ἵει
nel quale appello melodioso si può vedere come il grido si trasformi in parola; il suono in idea. A queste parole e grida l’uomo univa i movimenti cadenzati dei piedi, delle braccia e della testa. Ecco la poesia lirica o, a dir meglio, melica.
Essi arrivati là dove era parso di porre l’agguato,
lungo un ruscello, a cui tutte venivano a bere le mandre,
quivi posarono avvolti nel bronzo d’un rosso di fuoco.
Due, in disparte dal grosso, si stavano in tanto in vedetta
per avvistare da lungi le pecore e i lucidi bovi.
Ecco che furono in vista: venian due pastori con quelli,
lieti sonando la piva....
Ecco la poesia pastorale e uno strumento a fiato, de’ primi tempi2.
Vergini in tanto e garzoni, dall’anima molle d’amore,
dentro corbelli di vinchi portavano il frutto di miele.
Ed un fanciullo nel mezzo di loro con l’arpa sonora
citareggiava soave ed ai lino cantava a quel suono,
con una gracile voce; e quelli altri battendo in misura
lui con movenze e gorgheggi seguivano e sbalzi di piedi.
Ed ecco la poesia campestre e uno strumento primitivo a corde, la phormigx3.