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manu (giambo senza trocheo), altera (e non va) palpat terga (trocheo) bovis (giambo se lo fate seguire da lunga) arator et prospectat o prospicit.... lo spazio! Mettete invece il concreto, ciò che Romolo veramente vede, ossia Latium. Verde acquitrinoso: due aggettivi aggiogati: non vanno: fate un’endiadi di sostantivi: Latium et paludes. Penseremo poi agli aggettivi. Avanti: et procul inde longam albam.... No no qui bisogna dir la cosa più pianamente, senza pretendere di fare una sorpresa al lettore, con «È Alba». Diciamo: et procul inde moenia Albae Longae. Albula circum fluit tam lenis, o meglio tam leni cursu o cantu, ut omnes audiant (scartate la parola che ha breve tra due lunghe), ut nemus Argileti referat adstantibus o adstanti, intendendo del solo pensoso aratore, sonitum pici tundentis, la corteccia dell’acero, cioè librum acernum. Collucet Tarpeio vertice silva quernea, qua flammatur sole decedente o, con circoscrizione, decedentis lumine solis. Poi: aquila (tre brevi: circoscriviamo), aquilae forma (ricordate in Virgilio magnorum formas ululare luporum?) descendit nigra, o descendens nigrescit per aurum pulverulentum: oh! qui siamo fuori del latino. Contentiamoci di per auras o tutto al più per liquidum aurum. Un antico capirebbe però che noi intendiamo dire «nel trasparente oro del tramonto»? Dubito. Or via lavorate. A mano a mano vi suggerirò qualche parola, che determini meglio il verso italiano un poco indeterminato, e nel tempo stesso soddisfaccia al gusto latino e compisca l’esametro....

Oh! finalmente: ecco il sonetto cambiato in quattordici versi «lunghi», versi dei nostri padri