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a giuseppe chiarini 405

spondaiche», di parole che da sè formino uno spondeo, non vorrebbe ciò dire che difettasse di spondei.

Lo spondeo può bene essere composto della lunga finale d’una parola e dell’iniziale d’un’altra1. Ora è ben certo che la pronunzia solita nostra tende, di due accenti a contatto, a smorzar l’uno o l’altro, ma non già lo spenge del tutto. Si dica con intensione di voce: Chi sei? Si dica: Chi sei tu? Se noi vogliamo puntare sulla qualità della persona, che dispregiamo a confronto d’altre, e perciò insistiamo sul chi, formeremo, con le due, uno spondeo; con le tre, un molosso.

Ma c’è di più. Le sillabe atone d’una parola sono, in italiano, così atone del tutto e tutte atone a un modo? No certo. ’

Non si negherà l’esistenza dell’accento secondario sulle prime di tali composti quali bianchebraccia, occhiazzurra e simili; e non si negherà quindi in altre parole, in cui esso accento ha prodotto il fognamento d’una sillaba, come in panforte, belbello e simili. Allo stesso modo è l’accento secondario sulle iniziali, sia che abbia prodotta la sincope della controfinale, o no. V’era dunque e v’è l’accento secondario in parole come cervello, alcuno, vantare, destare, costura, rischiare, dozzina, fuscello, andare, contare; e in altre, come armatura. Or sì per le iniziali quartultime e terzultime, sì per le controfinali o protoniche è da fare un’importante osservazione. Noi vediamo che le vocali iniziali o protoniche tendono a cambiarsi. Così l’a si cambia

  1. Questa e tante altre osservazioni sono del Fraccaroli e del da Camino e d’altri. Lo dico una volta per sempre.