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il latino nelle scuole 27

riatus però, perchè non era giorno malauguroso, ma lieto e festivo. E tale era il 21 d’Aprile, a quei tempi. Poichè par. significa appunto parilia, la festa di Pales, dea dei pastori.

In questo giorno il popolo romano si purificava, andando al Tempio di Vesta, a prendere il suffimen preparato dalle Vestali, di sangue di cavallo, di cenere di vitellino non ancor nato, e di baccelli vuoti e secchi. E i pastori al primo crepuscolo purificavano il gregge, spruzzandolo d’acqua, spazzando con una frasca il suolo, adornando di festoni gli ovili, bruciando solfo che dava alle narici delle pecore, le quali belavano. Nel focolare scoppiettavano erbe montanine e lauro e incenso, e si offriva a Pales una focaccia di miglio; e oltre le vivande consuete, un secchio di latte appena munto e si pregava la dea... Quelle preghiere, così piene di poesia pastorale e campestre, voi le sapete: le leggeste, sono tre anni, in Ovidio, con quel vecchio professore che vi pareva così pedante ed era così bravo. La preghiera si doveva recitare quattro volte, bagnando le mani di acqua sorgiva, e poi si doveva bere in una ciotola, camella, in memoria dell’antica semplicità, latte e sapa, e saltare attraverso mucchi di stoppia accesa, come sono i «marzi» tra noi. Abbiamo anche noi feste altrettanto soavi e placide, tutte fiori, tutte fronze, tutte incenso, con la piccola mensa imbandita di vivande che si mangiano solo quel giorno, feste che hanno nella notte un seguito di suoni, canti e balli, con fuochi accesi via via per la campagna; feste di santi particolarmente benefici, feste della Vergine, così belle a vedere da fanciulli, così dolci a ricordare da grandi. Ora sapete con qual