passaggio dal ritmo proprio al ritmo riflesso. E il ritmo proprio è nostrano e facilmente percettibile, specialmente nei metri saffici e giambici e anche asclepiadei; e il riflesso non è punto indeterminato, come quello che cerca il Whitman traverso i versetti della Bibbia tradotta, ma è ben conosciuto dalle persone un po’ colte, ne’ frammenti di Alceo e di Saffo e ne’ cinque libri d’Orazio. E poi il Poeta ha una singolarissima virtù, come colui che ha l’anima d’un antico nelle sue membra di lottatore moderno. Egli è veramente «un grande artiere» e foggia sull’incudine il suo pensamento. Tutto a lui giova per il suo fine il latinismo, l’arcaismo, la costruzione inversa, e sopra tutto ciò per cui il Carducci è Carducci e non altri, nè altri può essere lui. Perciò io pensavo allora (per tornar finalmente alla mossa) e penserei anche oggi, se non avessi veduto qualche ottimo saggio di due o tre o quattro, di lei, caro maestro, e del Mazzoni e del d’Annunzio e del de Bosis, per parlare soltanto degli ottimi, tralasciando i buoni e i mediocri; perciò pensavo e penserei che i metri barbari s’avessero invece a chiamare Carducciani1 e dovessero lasciarsi a lui solo, e cessare in lui, per continuare nei secoli la loro vita inconsumabile ma singolare. E ai giovani che si provano nel campo
- ↑ In vero Angelo Solerti (nel suo Manuale di Metrica Classica Italiana) vorrebbe che «le forme» del Carducci fossero considerate «una sublime esplicazione individuale» ma non tali da basarci su «una teoria metrica» . Per altro una base anche scientifica l’hanno le Odi Barbare; poichè la lettura ad accento grammaticale esisteva nell’antichità classica, e per quella lettura i poeti antichi affinavano e regolavano i loro schemi, e su quella lettura poeti antichi (come Commodiano) fondavano la metrica loro