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a giuseppe chiarini 393

e il cuore d’Amleto! Andiamo, via! Bacone era più profondo pensatore dello Shakespeare, e il buono dottore Tomaso ne sapeva più di Dante. Ma Dante è Dante e Shakespeare è Shakespeare in gran parte per quei gingilli, per quei ninnoli, per quei giambi e per quella rima. Sì, sì; per non avere aspirato a cieli più liberi, ma per essersi lasciati governare dal «fren dell’arte».

Oh! in ciò che essi rinnegano il ritmo, questi valentuomini, del ritmo si giovano e dal ritmo pretendono ciò che niun altro. In verità, come il Capuana trasse l’idea dei semiritmi dalle traduzioni interlineari del Tommaseo, così Walt Whitman dedusse i suoi versicles dalla Bibbia, dal sacro libro che, tra i popoli anglosassoni e protestanti, è più sotto gli occhi e negli orecchi e nel cuore di tutti. Ora i versetti della Bibbia ci conducono con la loro disposizione, a pensare ai ritmi ebraici, punteggiati dalle arpe: da quell’arpe che i cantori sospesero ai salici lungo le fiumane di Babilonia.... Tempo prima del Whitman, in Italia usava questo genere di composizione e di metrica: il salmo. Si dicevano le più comuni cose del mondo, in tono solenne, con piccoli periodi: si metteva un asterisco a mezzo, e s’andava a capo dopo il fine: il salmo era fatto. E a chi l’aveva composto e qualche volta ancora a chi lo leggeva, sembrava che somigliasse in verità ai salmi di David. E così il farmacista e l’arciprete della cittaduzza di provincia diventavano tanti David, con poca spesa: un asterisco e un capoverso! Eh! la suggestione è potente! Il fatto è che il Whitman rigetta dunque il ritmo preciso dei giambi e dei dattili; ma si appoggia