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a giuseppe chiarini 387

o maestro, che m’indugi. Egli disse una volta1: «Secondo me, il poeta ha fatto bene a sciogliersi dalle pastoie del ritmo, che non concede libera agilità neppure ai suoi più poderosi domatori». Le pastoie del ritmo! Non mai furono messe sotto il medesimo giogo due parole più nemiche! Il ritmo, una pastoia? Il ritmo, ciò che fa incespicare e barcollare i torello che si mena a macellare? Il ritmo, ciò che - trattiene nel pascolo limitato il nobile cavallo, che vorrebbe mangiar lo spazio più che brucar l’erba? E no: il ritmo è appunto quella spinta fervida e molle che fa trottare sempre più leggermente e rapidamente il corsiero al suono quadruplice dei suoi zoccoli; il ritmo è ciò che scioglie a un tratto e sgranchisce le gambe al soldato stanco, allo squillo cadenzato delle trombe; il ritmo è ciò che soffiando nel nostro cuore solleva a un tratto la nostra persona e alleggerisce le nostre braccia dando loro non so che piume per remeggiare nell’aria d’accordo con l’intimo movimento del pensiero. Il ritmo una pastoia? Ditelo voi, fanciulle innamorate, se è una pastoia il ritmo!

Ma io fingo di non capire. Il ritmo, non c’è che dire, dà al pensiero agilità e forza e persuasione. Il Capuana non nega codesto: dice che è difficile per l’artista il dare questo ritmo al suo pensiero. E allora?

Ma si sa che ogni arte è difficile! Lo sa più di ogni altro il Capuana stesso, irrequieto e instancabile rimaneggiatore e rifonditore d’ogni opera sua!

  1. In una «Cronaca letteraria» della «Tribuna», 1899, n. 84.