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sticamente; bisogna pronunziare principio come un coriambo, anzi come un dattilo e una lunga, e non, per esempio, come parola che possa entrare in una serie giambica o trocaica. Or bene quelle parole sarebbero state un esametro, in due casi: che un oratore le avesse pronunziate in cadenza: úrbem Rómam a principiò regés habuére; o che l’uditore, anche senza la perfetta pronunzia dell’oratore, avesse avviato il suo senso ritmico alla nota cadenza dell’esametro. Allora, l’oratore avesse anche enunziato reges con l’arsi sulla prima, l’uditore avrebbe percepito il verso: soltanto avrebbe sentito che l’oratore l’aveva detto male a quel punto. Ma insomma era necessaria nell’uno o nell’altro la coscienza ritmica.

Vediamo. I Promessi Sposi cominciano: «Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene etc. etc.» Se il lettore non s’è messo sull’avviso, non ha sentito nulla d’insolito e non comprende perchè ho citato quelle parole. Ma se invece di scriverle, io le dicessi, quelle prime parole, anche se le scrivessi, come le scrivo, così

               Quel ramo del lago di Como,.

il lettore sentirebbe il suono d’un bel novenario. E tempo addietro, quando i novenari non erano così usitati, prima di Rudello e di tante altre poesie versificate in quel metro, la coscienza di lui non si sarebbe svegliata. E ora invece il caro lettore, sia che quelle parole e’ le pronunzi o le oda pronunziare spiccatamente così:

               quel ràmo del làgo di Còmo;