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372 | antico sempre nuovo |
Exclusit, revocat, redeam? non si obsecret. ecce.
I primi quattro piedi sono formati delle stesse parole, e sono, nel primo verso, giambici, nel secondo dattilici. L’accento grammaticale della prima parola exclusit, avvia piuttosto al ritmo giambico che al dattilico. Ma chi non vede che Orazio fa una graziosa sorpresa al lettore che incamminatosi, per così dire, lungo il noto verso giambico di Terenzio, trova, mancandogli a un tratto il piccoletto me, avanti a un verso della fragorosa epopea? Ma quest’effetto sparirebbe, se con la pronunzia ad accenti ritmici, più studiata, non fosse esistita anche l’altra, più usuale, ad accenti grammaticali. Leggiamo ancora. Dice Parmenone in Terenzio:
ere: quáe res in se néque consilium néque modum
habet úllum, eam consilio regere nón potes.
E in Orazio dice:
ó ere, quaé res
néc modum habét neque cónsiliúm, ratióne modóque
tractari non volt1.
Notiamo qui come il discorso dello schiavo, nel ritmo dattilico, cominci con la tesi e l’arsi sulle stesse parole che nel ritmo giambico: ere quae. Donde mi par manifesto l’elegante scherzo d’Orazio, che tra le mani del suo lettore scambia a un tratto il senario, che egli crede di tenere, in un esametro. Ma lo scherzo non sarebbe possibile, mi pare, senza la doppia pronunzia.
- ↑ Ter Eun. 49: Hor. S. II. 3,264. Ter ib. 57 sq.: Hor. ib. 265 sqq.