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a giuseppe chiarini | 367 |
Adnuit et totum nutu tremefecit Olympum.
Ora quell’accostamento è comune e ricercato. Si notino, sempre per esempio, questi esempi di Virgilio (Georg. III 219, Aen. I 225, 569, II 251, 721):
Pascitur in magna Sila formosa iuvenca.
Litoraque et latos populos, sic vertice caeli.
Seu vos Hesperiam magnam Saturniaque arva.
Involvens umbra magna terramque polumque.
Haec fatus latos umeros subiectaque colla.
E tanti se ne può aggiungere. Così entriamo nella questione degli omeoteleuti. Enunzio subito la mia opinione in proposito. Io dico che lo studio delle consonanze latine nei versi esametri e pentametri ci portano a conchiudere che la pronunzia dei versi si faceva in due modi, non, diremo, diversi, ma uno più e l’altro meno energico.
Ecco. Dividiamo gli esempi d’omeoteleuto nei due emistichi, sì dell’esametro e sì del pentametro, in tre specie. La prima si dà quando l’omeoteleuto suona sì con la pronunzia grammaticale e sì con quella musicale. Esempi:
Bellipotentes sunt magis quam sapientipotentes1.
Limus ut hic durescit et haec ut cera liquescit.
Si ha questa consonanza imperfetta per via della sinalefe. Esempi:
Cornua velatarum obvertimus antemnarum.
Non oblita animorum, annorum oblita suorum2.