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a giuseppe chiarini | 365 |
versi con la cesura trocaica Virgilio li usi ora per un effetto, ora per un altro contrario al primo: per la cascaggine e per lo sforzo. Ebbene, io direi che ciò poteva essere per causa della doppia pronunzia. In quei versi pronunziati con gl’ictus si cancellano gli accenti melodici delle iniziali; ma quando erano pronunziati secondo il modo solito del discorso, sonavano sì come versi, perchè l’accento grammaticale coincide col ritmico, ma sforzati, perchè l’accento melodico delle iniziali voleva la sua parte.
Proviamoci, per esempio, a lasciare la sua nota iniziale ad agitata: noi sentiremo una vera «agitazione » in quella parola, e l’urto percepiremo delle ultime due sillabe uguali. E la cosa è più evidente nell’altro verso, in cui trascrivo in greco la parola greca:
Infandi κύκλωπες et altis montibus errant.
Certo, con la pronunzia comune, Virgilio non aboliva quell’accento sulla prima della parola greca, e lo segnava al modo che intendeva fare ai Greci, e faceva pur sentire la lunghezza della sillaba seconda.
Solo un principio, come spargens humida mella, in cui l’accento melodico e l’accento espiratorio e l’arsi si fondevano nella stessa sillaba iniziale, non aveva intoppi, e cascava a dirittura.
Ma usciamo, usciamo dal pelago. Questo mi pare essenziale di riconoscere; che i Latini (mettiamo, nel tempo aureo della lor poesia) avevano due pronunzie per i versi. Eccone le prove. Se mancassero altri argomenti, basterebbe il seguente