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come quello di au- in audisti; ma dopo, se mai: allora sonava. E se ci vogliamo spiegare come l’oratore pronunziasse domuerant, peone quarto, dobbiamo ricordarci che sul do- era quell’accento melodico.

Vediamo, in fatti. Vogliamo figurarci la pronunzia oratoria di surripuerat? di pueritiae? E ricordiamoci dell’accento melodico che era in sur- e in pu-. Si deve tender l’orecchio all’accento soltanto della terzultima? di pueritiae, per esempio? di quel ri-? Ma dov’è più quel -ri- nell’oraziano puertiae? E il -ri- manca ancora nell’altro oraziano surpuerat. Questi due esempi mi pare ci possano insegnare qualche cosa. In che modo Orazio ha potuto di surripuerat far surpuerat e di pueritiae, puertiae? Quelle due parole avevano l’accento melodico sulla prima (anche pueritiae: si ricordi puerpera da póvr(o)pera). Bene: il poeta lo fece energico: da un’elevazione di tono lo ridusse a un’intensità di suono, e così la sillaba resa più forte, annullò un’altra sillaba della parola. Il fato di surripuerat è curioso. Già surripio si deve, a parer mio, spiegare non altrimenti che con la forza dell’accento primitivo, senza la quale sarebbe surrapio. Quell’accento primitivo, in origine melodico, divenne energico per cambiare l’a in i. Poi riposò, per così dire; ma a chi dicesse che era morto, ben morto, ecco, risponde Orazio di no, con l’abolire quell’i....

Or dunque, una pronunzia conveniente aveva virtù di rendere energico un accento melodico. E Cicerone, orando, senza alcuno storpio della parola, poteva dire désinite. Ma domuerant? in che modo l’esistenza dell’accento melodico in do- poteva ren-