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a giuseppe chiarini 353

altra sillaba, come non è permesso a noi dire libertà o libèrta a capriccio. Bisogna invece ammettere una forma così accentuata che ne potesse derivare sì la forma parossitona e sì la proparossitona: un tulerunt, con l’accento, ma puramente melodico, sulla prima. E la forma túlerunt prova che quest’accento melodico divenne energico e tolse l’accento ritmico (se pur già l’aveva) alla seconda; mentre la forma tulérunt non prova che l’accento melodico della prima fosse scomparso: se fosse scomparso, nessuno avrebbe più detto túlerunt; e invece si diceva ora tulérunt, ora túlerunt, dalla stessa persona: anzi si finì col dire solo túlerunt, come díxerunt, se noi diciamo dissero.

Il poeta, insomma, rinforzava un accento esistente, o a dir meglio dava ancora intensità alla sillaba che aveva solo elevazione. Ma questa elevazione esisteva. L’accento preistorico non scomparve a un tratto, ed è anche storico. Quand’uno diceva balíneum faceva sentire sull’a un accento melodico; e questo accento melodico diveniva energico, quando si diceva balneum. E per un pezzo si disse audisti con l’accento melodico sulla prima; ma questo meno avventurato di quel di balineum, tacque (del tutto? vedremo), vinto dall’accento energico della seconda. Ma questo accento melodico esisteva, sulla prima sillaba delle parole. Sicchè, per un certo tempo, la pronunzia della parola latina teneva conto di questo elemento; e maggior conto, quand’era più scolpita e distinta: nel verso e nell’orazione. Or se noi ci vogliamo spiegare come pronunziasse Cicerone desinite, peone primo, non dobbiamo dimenticare che sul de era un accento melodico, che tacque, sì,