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cadesse in altra sillaba che quella accentata); e poi aggiungere che energicamente non si pronunziò sempre, prima l’accento e poi l’arsi: chè ci fu tempo in cui l’accento era melodico e l’arsi energica, e tempo in cui l’accento era energico, e l’arsi nulla: nelle sillabe s’intende in cui era l’arsi e non l’accento. Ora, se mettiamo che il primo di questi due tempi fosse quando Cicerone pronunziavą sonipedes con l’arsi sull’ultima, e il secondo quando Commodiano pronunziava deos senza l’arsi sull’ultima di deos trocheo; siamo esatti? Non esatti, perchè bisogna tener conto, per Commodiano, della sua natività barbara, e per Cicerone, della sua qualità d’oratore; se pur basta; chè sì prima di Cicerone vediamo che l’accento grammaticale era energico, sì dopo Commodiano osserviamo che energica o a ogni modo non affatto nulla era l’arsi. Ma poniamo per un momento questi due termini; Cicerone e Commodiano. Ebbene tra Cicerone e Commodiano dovrebbe esservi stato un movimento di energia progressivo nell’accento grammaticale e regressivo nell’arsi: non è vero?

Ma no; si dice senz’altro che l’accento grammaticale latino era espiratorio-energico. Sempre, dunque? Sempre. Si direbbe anzi che nei tempi più antichi era più energico che mai, se per esempio, da Poludeuces poteva far Pollux, e presentarci una forma come dedrot. Non è un accento musicale, non è una nota più elevata nella gamma, che possa fare di tali guasti, abbreviando e divorando le sillabe lunghe. Sì: è peraltro chiaro che l’antico accento latino, che cadeva sulle sillabe iniziali, quale ci è dimostrato da parole come