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uno? E chi ci vieta di pronunziare con tono più elevato, tra queste sillabe, quelle, secondo il Rasi, che hanno l’ictus, o quelle, secondo gli altri, che hanno l’accento grammaticale? Ora tra il pentametro Carducciano,
Le torri e il tempio, divo Petronio, tuo,
e lo Schilleriano,
Im Pentameter drauf faellt sie melodisch herab,
prescindendo dalla quantità (che non è in nessun dei due), quale sarebbe fatto più razionalmente?
Si ricordi che i versi come
ἔρδει γὰρ πολλῶν ἄξια μοῦνος ἐών
aut facere haec a te dictaque factaque sunt
nei quali gli accenti dėl verso coincidono con quelli delle parole (nel secondo bisogna peraltro tener conto dell’enclisi, e, anche, sul principio, la coincidenza non è perfetta); si ricordi che siffatti versi erano casuali e rari e aborriti; e si risponda.
Si dovrebbe rispondere, se la teorica del Rasi fosse giusta, che il pentametro del nostro è più secondo il gusto degli antichi che quello del tedesco. E, caro maestro, non ci sarebbe luogo a più altri studi e a più altre regole e saggi. Tutti e due i pentametri, recitati convenientemente, potrebbero avere, mettiamo il caso, nelle sillabe in arsi un re e in quelle in tesi un do (non si tratta di questo?); e in ciò sarebbero alla pari; ma l’italiano la vincerebbe sul tedesco in ciò che nelle medesime sillabe non si sentirebbe sempre l’accento grammati-